Discriminati per il solo fatto di intraprendere la carriera di ufficiale all’interno dell’Arma dei carabinieri. Considerati, di fatto, militari di serie B. Paragonati dai loro superiori agli omosessuali e dunque relegati, incredibilmente, all’interno delle discriminazioni di genere. E nonostante tutto questo lavorano come, se non di più degli altri, comandano nuclei speciali o compagnie locali. Sono i carabinieri del cosiddetto “ruolo speciale”, ex marescialli o ufficiali di complemento con alle spalle già una robusta esperienza sul territorio che decidono di intraprendere la carriera di ufficiali. Per farlo, però, devono superare un concorso pubblico. E fin qui tutto regolare. Peccato che, dopo aver superato gli esami, si ritrovino fin da subito a inseguire i colleghi che arrivano direttamente dall’Accademia considerati carabinieri di “ruolo normale”.
E se la semantica ha un senso, fin dai termini si comprende la differenza. A chiarire ulteriormente un problema che lede alla base la logica del merito all’interno della pubblica amministrazione, è il ricorso al Tar del Lazio scritto e firmato dall’avvocato Sebastiano Licciardello contro un bando adottato dal ministero della Difesa l’11 giugno 2013 con il quale s’indice un concorso per venti ufficiali di “ruolo speciale” per passare al “ruolo normale”. Concorso per titoli che prevede il superamento di un esame. In sostanza, dunque, i carabinieri che già hanno vinto il concorso pubblico si troverebbero a dover rifare un’ulteriore prova solamente per ottenere gli stessi privilegi giuridici e di carriera dei loro colleghi. Nulla, naturalmente, cambia per la loro operatività.
Il ricorso al Tribunale amministrativo, dunque, oltre a un problema particolare, solleva una criticità generale all’interno dell’Arma. “Una vera e propria discriminazione – si legge nel ricorso- tra gli appartenenti al ruolo speciale e gli appartenenti al ruolo normale”. Una discriminazione involontariamente sollevata dal vicecomandante generale dell’Arma Clemente Gasparri, fratello del senatore Pdl, quando nel gennaio 2012, intervenendo durante una lezione interna sulla pedopornografia, disse testualmente: “Gli ufficiali del Ruolo Speciale che fanno il ricorso, i giovani ufficiali dell’applicativo che fanno istanze per avvicinarsi alla famiglia, gli omosessuali che ostentano la loro condizione, sono in sintesi tutti passeggeri sciagurati dell’antico treno, potenzialmente responsabili della sporcizia o del deragliamento”. Quelle parole finirono sui giornali. Allo scandalo però fu messo in poco tempo il silenziatore. Ora le 14 pagine del ricorso al Tar lo riportano in primo piano.
Ripartiamo, allora, dalla distinzione. Da un lato i militari del “ruolo normale” che escono direttamente dall’Accademia. Dall’altro i carabinieri del “ruolo speciale” che superano il concorso pubblico. Prima e fondamentale differenza: l’avanzamento di carriera. Molto più spedito per gli ufficiali dell’Accademia, più lento per gli altri. Motivazioni? Zero. Risultato: nessun militare di ruolo speciale potrà mai ricoprire cariche di alto livello. Tanto che, ragiona l’avvocato Licciardello, “non è ragionevole prevedere un diverso avanzamento solo tenendo conto della forma di accesso (Accademia o concorso) violando palesemente il principio del merito che sorregge il pubblico impiego”. E dunque la sola “previsione del transito dal ruolo speciale al ruolo normale accentua ancor di più le diseguaglianze” perché “ripugna allo Stato di Diritto e al principio di democraticità che informa la Repubblica che lo status di un lavoratore – nel caso dipendente dello Stato e Ufficiale militare – possa essere irreversibilmente marchiato al momento dell’assunzione”. E questo “solo perché hanno rispettato la Costituzione per accedere al pubblico impiego e per aver superato un pubblico concorso riservato a chi aveva una esperienza e un vissuto da maresciallo, comandante di stazioni, magari di periferia, a diretto contatto con i quotidiani problemi di sicurezza”.
Esempi di discriminazione? Se un ufficiale di ruolo normale non si laurea entro il 31 dicembre dell’anno di nomina a capitano viene trasferito, mantenendo la carica, d’autorità nel ruolo speciale. Un ruolo considerato a tutti gli effetti di serie B. Il fatto ha ricadute indelebili nella quotidianità dei militari dove l’anzianità di grado vale più di ogni altra cosa.
E poi ci sono le parole. Quelle del vicecomandante Gasparri che danno il tono e disegnano lo scenario del mondo militare oggi. I carabinieri del ruolo speciale come gli omosessuali, in una discriminazione di “stato” che dovrebbe ripugnare.
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