martedì 22 aprile 2014

MARIA ELENA BOSCHI, LA MINISTRA PIU' BELLA DEL PARLAMENTO

                                                   

Maria Elena Boschi, 33 anni, single, originaria di Montevarchi (Arezzo), avvocato, esponente del Partito Democratico, è Ministro per le Riforme Costituzionali e per i Rapporti col Parlamento. Due deleghe importanti in vista delle riforme che il governo Renzi intende attuare nel corso del suo mandato. Maria Elena è una donna di classe ed è molto bella. Inoltre crede nei valori dell'amicizia, del bene, del vero, del bello, della solidarietà, della verità, della giustizia, dell'amore, ecc.  Maria Elena è single ed è giustamente annoiata. Ama conversare, confrontarsi con un amico e odia la solitudine. Vorrebbe evitare la nuova storia con  un parlamentare perchè dopo una giornata di stress sui disegni di legge sul Titolo V o sull'art. 138 a cena vorrebbe parlare d'altro o magari uscire a cena in pizzeria o al ristorante con un amico. Vorrebbe un nuovo compagno  e almeno tre figli. Sicuramente gli impegni di governo non la aiutano. Tuttavia, oltre alla bellezza, ha tante qualità. Ha, infatti, competenze, conoscenze e abilità. Per esempio, si è laureata in giurisprudenza con 110 lode e ha conseguito un master in diritto societario. Bella e brava. Ma la sera quando rientra dal Parlamento o dal Partito non ha nessuno con cui parlare. Almeno Berlusconi ha Dudù...  Io consiglio a Maria Elena di adottare un gattino perchè è autosufficiente è affettuoso e attende la sua padroncina. E poi non richiede impegni particolari. Solo due coccole.


Maria Elena non si vergogna di essere religiosa e questo le fa onore. In questa società  materialista, edonista, laicista, consumista molti vivono come se Dio non esistesse. Ma invece occorre porsi razionalente le domande del vivere e del morire che il relativismo non ammette. Lei è per la dimensione orizzontale ma anche quella verticale, metafisica, trascendente e misteriosa. Vorrei richiamare a questo riguardo  il celebre episodio in cui il Signore era in cammino e un tale - un giovane - gli corse incontro e, inginocchiatosi, gli pose questa domanda: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” (Mc 10,17). Noi forse oggi non diremmo così, ma il senso della domanda è proprio: cosa devo fare, come devo vivere per vivere realmente, per trovare la vita. Quindi dentro questo interrogativo possiamo vedere racchiusa l’ampia e variegata esperienza umana che si apre alla ricerca del significato, del senso profondo della vita: come vivere, perché vivere. La “vita eterna”, infatti, alla quale fa riferimento quel giovane del Vangelo non indica solamente la vita dopo la morte, non vuol sapere soltanto come arrivo al cielo. Vuol sapere: come devo vivere adesso per avere già la vita che può essere poi anche eterna. Quindi in questa domanda questo giovane manifesta l’esigenza che l’esistenza quotidiana trovi senso, trovi pienezza, trovi verità. L’uomo non può vivere senza questa ricerca della verità su se stesso - che cosa sono io, per che cosa devo vivere - verità che spinga ad aprire l’orizzonte e ad andare al di là di ciò che è materiale, non per fuggire dalla realtà, ma per viverla in modo ancora più vero, più ricco di senso e di speranza, e non solo nella superficialità. E penso che questa – e l’abbiamo visto e sentito nelle parole del nostro amico – sia anche la nostra esperienza. I grandi interrogativi che portiamo dentro di noi rimangono sempre, rinascono sempre: chi siamo?, da dove veniamo?, per chi viviamo? E queste questioni sono il segno più alto della trascendenza dell’essere umano e della capacità che abbiamo di non fermarci alla superficie delle cose. Ed è proprio guardando in noi stessi con verità, con sincerità e con coraggio che intuiamo la bellezza, ma anche la precarietà della vita e sentiamo un’insoddisfazione, un’inquietudine che nessuna cosa concreta riesce a colmare. Alla fine tutte le promesse si dimostrano spesso insufficienti.                     
Occorre  prendere coscienza di questa sana e positiva inquietudine, a non aver paura di porci le domande fondamentali sul senso e sul valore della vita. Non bisogna fermarsi  alle risposte parziali, immediate, certamente più facili al momento e più comode, che possono dare qualche momento di felicità, di esaltazione, di ebbrezza, ma che non  portano alla vera gioia di vivere, quella che nasce da chi costruisce – come dice Gesù – non sulla sabbia, ma sulla solida roccia. Impariamo allora a riflettere, a leggere in modo non superficiale, ma in profondità la vostra esperienza umana: scopriremo, con meraviglia e con gioia, che il nostro cuore è una finestra aperta sull’infinito! Questa è la grandezza dell'uomo e anche la sua difficoltà. Una delle illusioni prodotte nel corso della storia è stata quella di pensare che il progresso tecnico-scientifico, in modo assoluto, avrebbe potuto dare risposte e soluzioni a tutti i problemi dell’umanità. E vediamo che non è così. In realtà, anche se ciò fosse stato possibile, nulla e nessuno avrebbe potuto cancellare le domande più profonde sul significato della vita e della morte, sul significato della sofferenza, di tutto, perché queste domande sono scritte nell’animo umano, nel nostro cuore,  e oltrepassano la sfera dei bisogni. L’uomo, anche nell’era del progresso scientifico e tecnologico - che ci ha dato tanto - rimane un essere che desidera di più, più che la comodità e il benessere, rimane un essere aperto alla verità intera della sua esistenza, che non può fermarsi alle cose materiali, ma si apre ad un orizzonte molto più ampio. Tutto questo voi lo sperimentiamo  continuamente ogni volta che ci domandiamo: ma perché? Quando contempliamo  un tramonto, o una musica muove in noi il cuore e la mente; quando proviamo che cosa vuol dire amare veramente; quando sentiamo forte il senso della giustizia e della verità, e quando sentiamo anche la mancanza di giustizia, di verità e di felicità.
L'esperienza umana è una realtà che ci accomuna tutti, ma ad essa si possono dare diversi livelli di significato. Ed è qui che si decide in che modo orientare la propria vita e si sceglie a chi affidarla, a chi affidarsi. Il rischio è sempre quello di rimanere imprigionati nel mondo delle cose, dell'immediato, del relativo, dell’utile, perdendo la sensibilità per ciò che si riferisce alla nostra dimensione spirituale. Non si tratta affatto di disprezzare l’uso della ragione o di rigettare il progresso scientifico, tutt’altro; si tratta piuttosto di capire che ciascuno di noi non è fatto solo di una dimensione “orizzontale”, ma comprende anche quella “verticale”. I dati scientifici e gli strumenti tecnologici non possono sostituirsi al mondo della vita, agli orizzonti di significato e di libertà, alla ricchezza delle relazioni di amicizia e di amore.
                                             


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