martedì 8 aprile 2014

LA SECESSIONE IN ITALIA



La Procura di Brescia ha fatto arrestare 24 veneti con le accuse di terrorismo (art. 270 bis CP) e fabbricazione e detenzione di  armi da guerra. Altre 2 persone sono detenute agli arresti domiciliari per l'età e ben 27 persone sono indagate. Il tutto per aver costituito un gruppo separatista denominato l'Alleanza. In carcere è finito anche l'ex Sottosegretario agli Esteri Rocchetta. Tra le accuse spicca quella ridicola di avere fabbricato un carro armato artigianale attrezzato con un cannoncino. Il Gip per convalidare l'arresto ha scritto: "Disegno eversivo, pronti a deriva violenta per una rivolta popolare in armi". Mentre l'intercettazione ritenuta inquietante dai magistati è la seguente: "Caricare i candelotti di dinamite". I Carabinieri stanno anche eseguendo perquisizioni a carico di altri 27 indagati. Secondo le indagini del Ros, le persone arrestate avrebbero fatto parte di un «gruppo riconducibile a diverse sigle di ideologia secessionista che aveva progettato varie iniziative, anche violente, finalizzate a sollecitare l'indipendenza del Veneto e di altre parti del territorio nazionale dallo Stato italiano».Tra gli indagati figurerebbero anche un leader del Forconi e un ex deputato. Fra i primi nomi che si fanno on-line (sul sito L'indipendenza) ci sarebbero Lucio Chiavegato e Patrizia Badii, rispettivamente presidente e segretaria della Life, e anche il direttore del quotidiano l’Indipendenza” Gianluca Marchi (primo direttore de La Padania ndr)  a cui hanno sequestrato il computer. I soggetti nel mirino della procura sono “Alleanze tra i popoli”, “Veneto Serenissimo Governo”, “Veneta Seressima armata”.
 «Velleitari», ma non per questo meno pericolosi perché, a carico dei 24 secessionisti arrestati  sull’asse Brescia-Venezia, ma con rapporti anche con la “Disubbidientzia” dei sardi di Salvatore «Doddore» Meloni e desiderosi di riconoscimenti formali da Paesi ritenuti amici come Serbia e Svizzera, secondo il gip di Brescia, esiste «un quadro indiziario nitido, composito e gravissimo in ordine all’effettiva sussistenza di uno stabile vincolo associativo» con il fine «senza dubbio eversivo dell’ordine democratico e costituzionale». 


Il fine, la cui realizzazione prevedeva l’assalto a piazza San Marco, a Venezia, con un “Tanko”, un carro armato rudimentale assurto a totem, dopo lo spettacolare attacco dei serenissimi nel ‘97, era «intaccare l’unità dello stato e creare un nuovo Stato regionale», «a regime almeno provvisoriamente autoritario e con un governo autoproclamato del tutto privo di legittimazione democratica».
Il bresciano Giancarlo Orini, ex candidato sindaco a Brescia nel ’98 per la lista “Liberi bresciani”, gli ex Serenissimi Luigi Faccia e Flavio Contin, tutti arrestati, per i carabinieri del Ros, coordinati dal procuratore aggiunto Fabio Salamone e dal pm Leonardo Lesti, erano «pienamente consapevoli della necessità di alzare il livello di scontro per conseguire gli obiettivi prefissati». 
 

Orini e Contin sono ai domiciliari perché ultrasettantenni. Il Tanko,  a differenza del ‘97, questa volta poteva sparare davvero e la pala cingolata Fiataallis modello Fl 20 blindata e armata, era già stata testata con spari a salve nel capannone di Casale di Scodosia, nel Padovano, chiamato Arsenale. Anche il programma si rifaceva a quello dei Serenissimi ma con modalità più «aggressive e violente» e, oltre all’occupazione della piazza, era prevista anche «l’insurrezione degli stati della popolazione del Nord Italia maggiormente esasperati dalla crisi economica».
E in carcere è finito anche Lucio Chiavegato, portavoce del “Coordinamento 9 Dicembre”, considerato anche l’ala moderata dei forconi, che ha ancora il presidio a Soave. Arrestati anche Patrizia Badii, 50 anni, veronese, candidata sindaco nella sua città nel 2012 per la lista “Veneto Stato”, e il marito Luca Vangelista che per gli investigatori avrebbe contribuito e non poco alla costruzione del Tanko (dalle intercettazioni il gruppo aveva intenzione di fabbricarne sei).
In carcere anche il fondatore della Liga Veneta, poi confluito nella Lega Nord che lasciò sbattendo la porta, Franco Rochetta, un pò l’ideologo dell’Alleanza, con il suo carisma e la sua storia politica. Stessa sorte per l’ex parlamentare leghista milanese Roberto Bernardelli, considerato il finanziatore del gruppo e chiamato «il facoltoso» nelle intercettazioni.            

L’organizzazione, hanno ricostruito i pedinamenti, le riprese filmate, le intercettazioni telefoniche e ambientali, era nata il 26 maggio del 2012 a Erbusco. C’erano quelli di Brescia patria, di Veneto Stato, di Disubbidientzia e alcuni dei venerati Serenissimi. Le riunioni avvenivano in particolare in un ristorante di Leno, nella Bassa bresciana, El Graner, oppure nel loro arsenale. In previsione del blitz era già stato costituito un Direttorio, ed era stato nominato anche un «comandante della piazza per la Venezia serenissima armata» .

Dopo il blitz anche una conferenza stampa («in una capitale europea da individuare») per avere la massima visibilità. All’iniziativa della magistratura bresciana ha risposto con la sua consueta veemenza il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini: «Aiutano i clandestini, cancellando il reato di clandestinità, liberano migliaia di delinquenti con lo svuota-carceri, e arrestano chi vuole l’Indipendenza. Siamo alla follia. Se lo Stato pensa di fare paura a qualcuno, sbaglia».
Il procuratore di Brescia, Tommaso Buonanno precisa: «Non vi sono elementi che evidenzino collegamenti fra queste persone e la Lega Nord». Anzi, si tratta di uomini e donne che con il Carroccio «avevano avuto contrasti» perché ritenevano quella dei leghisti una linea troppo morbida.
I secessionisti: “questa volta spariamo”
Nel capannone abbandonato di un paesino in provincia di Padova ribattezzato l’Arsenale, davanti ad un trattore trasformato grazie al progetto di un moldavo in un «potente e poderoso» Tanko «destinato ad attaccare il regime che da troppo tempo ci affligge e ci umilia», i nostalgici dei Serenessimi che 17 anni fa assaltarono San Marco, progettavano l’indipendenza dall’Italia: «verranno a prenderci le teste di cuoio come accaduto nel 1997... potrebbe essere, ma questa volta i mezzi sono molto più grossi e sparano davvero».        
      
Perché «contro uno stato di merda del genere cosa puoi fare...c’è da stare solo alla regola del fucile». Le carte dell’inchiesta che ha portato al blitz contro i secessionisti lombardo-veneti sono lo specchio delle parole del comandante del Ros, il generale Mario Parente: gli esponenti dell’Alleanza sono «velleitari ma pericolosi». Gente che al telefono parla della necessità di passare dalle parole ai fatti, «caricando i candelotti di dinamite» e instaurando un «clima di terrore» e che allo stesso tempo teme le conseguenze delle proprie azioni, perché «la gabbia (la prigione, ndr) non è proprio che sia l’obiettivo».

Personaggi che ipotizzano di emulare gli eco-terroristi dell’Alto Adige attaccando i tralicci dell’alta tensione ma subito si fermano: perché «non è che danneggi il Quirinale - dice il leader indiscusso dei veneti Luigi Faccia in una delle tante riunioni “operative” nel ristorante El Grenor di Leno -... danneggi il coglione che si sta guardando la partita e che si incazza come una iena».
Rivoluzionari che arrivano all’aeroporto di Linate dalla Sardegna per andare alla riunione fondativa dell’Allenza tra secessionisti di Veneto, Lombardia e, appunto, Sardegna, ma rimangono bloccati perché senza patente: «Hanno prenotato una macchina - dice il `presidente´ Giancarlo Orsini al telefono con Faccia - ma uno ha la patente scaduta e il leader si è dimenticato la patente a casa».
Ma non vanno sottovalutati, i moderni Serenissimi. Perché, come scrive il Gip, «la realizzazione del cannoncino ad hoc» che doveva essere montato sul Tanko, non più il calibro 50 usato dalla Nato che era nelle intenzioni ma un più modesto e comunque letale 19-20, «era in fase avanzatissima»: «quando gli metteremo le galline (munizioni, ndr) dentro sai che soddisfazione» diceva ridendo l’ ambasciatore del governo secessionista, Tiziano Lanza, l’uomo che avrebbe dovuto trattare con gli altri paesi che nelle intenzioni dei secessionisti avrebbero riconosciuto il “Veneto libero”.



E perché le elezioni europee erano ormai imminenti ed era quello, è la conclusione di Orsini, «il momento magico» per il gesto eclatante, visto che «non siamo cacciatori di poltrone». Perché, ancora, l’unico serio limite” incontrato dall’organizzazione è stato «di tipo finanziario», mentre «l’ostentata certezza di un largo seguito popolare è effettivamente coerente ai successi dell’organizzazione» nella fase di reclutamento. E ci credevano davvero, i secessionisti, di poter avere un seguito popolare ben più ampio di quello di 17 anni fa.
«Pensiamo di pescare in questo mare infinito di invisibili» ragionava Faccia ricordando gli effetti della crisi, le tasse, la classe politica «marcia», Equitalia. Oppure nei delusi della Lega: «si sono lasciati arrendere senza lottare - attacca Lanza parlando del Carroccio - è stato quello (Bossi, ndr) che ha tradito la gente semplice». Gente che invece, prosegue Lanza, va convinta: «se incidi il cristallo dell’individualità...l’impatto mediatico sarà una roba bestiale».
Il Comandante prov.  dei Carabinieri di Brescia Col. Giuseppe Spina

Davanti al Tanko, il ministro del Tesoro del governo secessionista Corrado Manessi, diceva così: «è ora che i nostri popoli la smettano di subire la Storia, noi dobbiamo cominciare a riscriverla». Parole molto simili a quelle dell’ex Serenissimo Flavio Contin, convinto che «bisogna essere realisti in maniera fanatica...ci siamo solo noi altri che possiamo cambiare la storia...abbiamo 2 nemici: lo Stato italiano e il tempo che abbiamo a disposizione».
E Lanza: «l’unico modo per reclamare l’indipendenza bisogna che tu fai un atto di forza». Li hanno fermati i carabinieri. Ma non finirà come ipotizza Mario Mainetti, altro ex della frangia più radicale della Lega, al telefono con Orini: male che vada, nella peggiore delle ipotesi ci troviamo a casa mia a tagliare su un salame». 
A mio avviso questi 24 secessionisti non meritavano il carcere. E' una forzatura e una lettura del Codice Penale con alcuni eccessi. Privare della libertà chi costruisce un carro armato scassato per entrare in San Marco e fare un'azione dimostrativa non merita il carcere. E' un eccesso di zelo da parte di magistrati. Un ferro vecchio non fa paura a nessuno e neanche delle munizioni arcaiche di guerra. Lo Stato ha risposto con la repressione dura e spietata  invece di ascoltare i problemi dei Nord che paga le tasse e dà lavoro a centinaia di migliaia di cittadini.  Questo blitz è solo l'inizio e galvanizzerà milioni di persone al Nord fino alla guerra civile. Ormai è troppo tardi per fermarli. I cittadini sono spremuti come limoni, altri  si tolgono la vita per le cartelle di Equitalia, moltissimi pagano imposte insostenibili, 
altri perdono il lavoro, altri non riescono ad arrivare alla fine del mese. Senza contare che le banche non aiutano più le famiglie ma solo i vari imprenditori come Ligresti e i De Benedetti. Il Nord, piaccia o no, farà la secessione, ma sarà un bagno di sangue perchè quando la gente ha fame scende in piazza. Altro che ferrivecchi o munizioni della seconda guerra mondiale o il carcere. Questi 24 uomini e donne sono già degli eroi nelle loro terre.

                                   L'Italia senza il Veneto (circa 5 milioni di abitanti)

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