lunedì 3 marzo 2014

PAPA FRANCESCO E I BIBLICISTI DEL LIBERO ESAME










 

"Occorre leggere la Sacra Scrittura non come un qualunque libro storico, come leggiamo, ad esempio, Omero, Ovidio, Orazio; occorre leggerla realmente come Parola di Dio, ponendosi cioè in colloquio con Dio. Si deve inizialmente pregare, parlare con il Signore: “Aprimi la porta”. E’ quanto dice spesso sant’Agostino nelle sue omelie: “Ho bussato alla porta della Parola per trovare finalmente quanto il Signore mi vuol dire”. Questo mi sembra un punto molto importante. Non in un clima accademico si legge la Scrittura, ma pregando e dicendo al Signore: “Aiutami a capire la tua Parola, quanto in questa pagina ora tu vuoi dire a me”. (Benedetto XVI). Molti cristiani - diceva durante il suo pontificato  Papa Benedetto XVI - non leggono mai la Bibbia, e hanno di essa una conoscenza molto limitata e superficiale. La Bibbia  è una raccolta di libri, una piccola “biblioteca”, nata nel corso di un millennio. Alcuni di questi “libretti” che la compongono rimangono quasi sconosciuti alla maggior parte delle persone, anche buoni cristiani. Alcuni sono molto brevi, come il Libro di Tobia, un racconto che contiene un senso molto alto della famiglia e del matrimonio; o il Libro di Ester, in cui la Regina ebrea, con la fede e la preghiera, salva il suo popolo dallo sterminio; o, ancora più breve, il Libro di Rut, una straniera che conosce Dio e sperimenta la sua provvidenza. Questi piccoli libri si possono leggere per intero in un’ora. Più impegnativi, e autentici capolavori, sono il Libro di Giobbe, che affronta il grande problema del dolore innocente; il Qoèlet, che colpisce per la sconcertante modernità con cui mette in discussione il senso della vita e del mondo; il Cantico dei Cantici, stupendo poema simbolico dell’amore umano. Come vedete, questi sono tutti libri dell’Antico Testamento. E il Nuovo? Certo, il Nuovo Testamento è più conosciuto, e i generi letterari sono meno diversificati. Però, la bellezza di leggere un Vangelo tutto di seguito è da scoprire, come pure  gli Atti degli Apostoli, o una delle Lettere
Nel mondo esistono quarantamila manoscritti della Bibbia, contro i millecinquecento dell’Iliade, ed essa è stata tradotta in ben duemilaquattrocento lingue. E’ stato senza dubbio il libro più venduto nel corso dei secoli, letto, tramandato, dibattuto e a volte proibito. La Bibbia, sacra nella religione ebraica e in quella cristiana, è formata da libri differenti per origine, genere, composizione e datazione, scritti in un ampio lasso di tempo ampio, preceduti da una tradizione orale più o meno lunga e comunque difficile da identificare, racchiusi in un canone stabilito a partire dai primi secoli della nostra era. Si definisce Sacra Scrittura, perché composta da scritti che leggono l’azione e la presenza di  Dio nella Storia e che sono finalizzati a orientare il popolo e la cultura in senso sacro. E si chiama anche Parola di Dio, poiché attraverso essa Dio ha comunicato e rivelato Se stesso e la sua parola di verità.
Oggi l’uomo conosce principalmente per via dei sensi ( cfr. empirismo e anche scetticismo, scientismo, razionalismo); si parla di civiltà dell’immagine e dell'informazione, di era digitale, postmoderna, plurale e globalizzata; ogni conoscenza è tradotta in figure, simboli e in segni; la realtà è misurata da ciò che si vede e da ciò che si ode; mentre la fede esige l’impiego della mente, la quale si rivolge in una sfera di realtà, che sfuggono alla osservazione sensibile. E diciamo, inoltre, che le difficoltà sorgono anche dagli studi filologici, esegetici, storici, applicati a quella prima fonte della verità rivelata, che è la sacra Scrittura con i suoi 73 libri di cui 46 dell'AT e 27 del NT, scritta in aramaico, ebraico e greco. I generi letterari sono tre: poetici, profetici e storici. Il periodo storico va dal XIII sec. a.C al I d.C. I molteplici autori sono ispirati divinamente dallo Spirito Santo. Per quanto riguarda l'interpretazione va ricordato che privo del complemento fornito dalla Tradizione e dell’autorevole assistenza del magistero ecclesiastico, anche lo studio della sola Bibbia (e lo diciamo soprattutto ai biblicisti vedi la bellissima Enciclica Fides et Ratio di Giovanni Paolo II ) è pieno di dubbi e di problemi, che più sconcertano che non confortino la fede; e lasciato all’iniziativa individuale, ( nella Lombardia per 30 anni abbiamo allevato una generazione di preti confusi e disorientati ndr)  genera un pluralismo tale di opinioni da scuotere la fede nella sua soggettiva certezza, e da toglierle la sua sociale autorevolezza (cfr. soggettivismo); così che una tale fede produce ostacoli all’unità dei credenti, mentre la fede deve essere la base della ideale e spirituale convergenza: una è la fede (Ef  4, 5). Purtroppo vorremmo che la realtà fosse diversa, ma è così. Anche perché i rimedi, che da tante parti si cerca di apprestare alle moderne crisi di fede, sono spesso fallaci. V’è chi per ridare credito al contenuto della fede lo restringe ad alcune proposizioni basilari, che pensa siano l’autentico significato delle fonti del cristianesimo e della stessa sacra Scrittura: non è da dire quanto sia arbitrario, anche rivestito di apparenze scientifiche, e quanto disastroso un tale procedimento. Vi è chi invece, come alcuni teologi à la page (affascinati dai teologi protestanti:  Bonhoeffer, Bultmann, Barth, Tillich, Canaris, Niebuhr, Moltmann, Pannenberg e Niemoller) con criteri di uno sconcertante empirismo, si arroga di fare una selezione fra le molte verità insegnate dal nostro Credo, per respingere quelle che non piacciono, e per mantenerne alcune ritenute più gradevoli. E vi è poi chi cerca nella Chiesa  di adattare le dottrine della fede alla mentalità moderna, facendo spesso di questa mentalità, profana o spiritualista che sia, il metodo ed il metro del pensiero religioso: lo sforzo, ben degno per sé di lode e di comprensione, operato da questo sistema, di esprimere le verità della fede in termini accessibili al linguaggio e alla mentalità del nostro tempo, ha talora ceduto al desiderio d’un più facile successo, tacendo, temperando o alterando certi «dogmi difficili». Pericoloso, anche se doveroso, tentativo; e meritevole di favorevole accoglienza soltanto allorquando alla più accessibile presentazione della dottrina esso le conserva la sua sincera integrità; «Sia il vostro discorso, dice il Signore, si, si, no, no» (Mt  5, 37; Gc 5, 12), escludendo ogni ambiguità artificiosa.

Il Concilio afferma che "la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti da non potere indipendentemente sussistere" (Dei Verbum, n. 10). Questo sforzo di adattamento della Parola rivelata alla comprensione dei discepoli di Dio (cfr. Gv  6, 45) è esposto al pericolo di andare oltre l’intenzione che lo rende lodevole, e oltre la misura, che lo mantiene fedele al messaggio divino; cioè al pericolo di ambiguità, di reticenza, o di alterazione dell’integrità di tale messaggio; quando non sia addirittura indotto nella tentazione di scegliere nel tesoro delle verità rivelate quelle che piacciono, tralasciando le altre, ovvero nella tentazione di modellare queste verità secondo concezioni arbitrarie e particolari, non più conformi al senso genuino di quelle verità come è avvenuto per 30 anni nella Arcidiocesi di Milano sia con Martini sia con Tettamanzi). Pericolo e tentazione, che sono di tutti, perché tutti, venendo a contatto con la Parola di Dio, cercano di adattarla alla propria mentalità, alla propria cultura; di sottoporla cioè a quel libero esame, che toglie alla medesima Parola di Dio il suo univoco significato e la sua obbiettiva autorità, e finisce per privare la comunità dei credenti dell’adesione ad una identica verità, ad una medesima fede: la «una fides» (Ef  4, 5) si disintegra, e con essa quella stessa comunità, che si chiama la Chiesa unica e vera. Basterebbe questa osservazione per convincersi della bontà del disegno divino che vuole protetta la Parola rivelata, contenuta nella Scrittura e nella tradizione apostolica, da un canale trasmittente, vogliamo dire da un magistero visibile e permanente, autorizzato a custodire, a interpretare, a insegnare quella Parola. Le deviazioni possibili da parte di alcuni vescovi o docenti di sacra Scrittura in questo campo  sono principalmente due, com’è noto: la prima è quella che restringe alla sola Sacra Scrittura l’ambito della fede, quando si sa che la Sacra Scrittura stessa è nata dall’insegnamento orale, dalla Tradizione della Chiesa primitiva; la seconda poi è quella di pretendere di dare alla fede cristiana, come fanno molti biblicisti di casa nostra, un’interpretazione propria, originale, arbitraria, un «libero esame» incurante dell’insegnamento di chi ha l’obbligo di «custodire il deposito» (1 Tim  6, 20), e di «evitare le novità profane di espressioni e le contraddizioni di quella che falsamente si chiama scienza» (Ibid. 1 Tim 1, 6). Con questo non è detto che le verità della fede non possano e non debbano essere oggetto di studio, di ricerca, di approfondimento ed anche di enunciazione a dati ambienti culturali e a dati momenti spirituali. La dottrina della fede non è priva di sviluppo logico e coerente, ché anzi obbedisce volentieri ai bisogni del pensiero e ai doveri della contemplazione, secondo l’esortazione di S. Paolo stesso «di crescere nella cognizione di Dio» (Col  1, 10; cfr. Ef  1, 17); ma rimane univoca e fedele al suo essenziale ed originario significato, -eguale a se stessa, quale Cristo la annunciò, e quale la Chiesa, auspice lo Spirito Santo, per la salvezza degli uomini, ancor oggi proclama, difende, e allarga verso la sconfinata visione della divina e ineffabile realtà.
Ma qui - come affermava profeticamente  papa Paolo VI - il discorso dev’essere molto più prudente, per le leggi stesse della verità rivelata, dell’interpretazione della Parola di Dio. Si può sostenere l’inadeguatezza d’ogni parola umana a esprimere la profondità insondabile del contenuto teologico d’una formula dogmatica (cfr. Rm  11, 33 ss); e sostenere la virtuosità interpretativa di una medesima verità dogmatica nell’annuncio cherigmatico, cioè apologetico, catechistico, oratorio, parenetico, e cioè la legittimità delle varie scuole teologiche e spirituali; ma non saremmo fedeli all’univocità della Parola di Dio, al magistero, che ne deriva, della Chiesa, se come abbiamo già ribadito sopra qualche teologo stravagante si arrogasse  la licenza d’un «libero esame», di un’interpretazione soggettiva, d’una subordinazione della dottrina definita ai criteri delle scienze profane, e tanto meno alla moda dell’opinione pubblica, ai gusti e alle deviazioni (oggi tanto pronunciate in Facoltà teologiche e Seminari ) della mentalità speculativa e pratica della letteratura corrente. Sappiamo quanto sia esigente la Chiesa cattolica su questo punto decisivo dei nostri rapporti con Cristo, con la tradizione, col destino relativo alla nostra salvezza. La tradizione, quella vera, è una radice, non un vincolo; è un patrimonio insostituibile, un alimento, una risorsa, una coerenza vitale. Quale sia questo tesoro, dal quale il cristiano sapiente estrae le cose antiche e le cose nuove, come c’insegna il Signore, non è cosa facile e breve a dirsi; apposta occorre un carisma speciale, il magistero ecclesiastico, al quale è assicurata, specialmente nei momenti decisivi, l’assistenza dello «Spirito di verità» ( Gv 14, 17; 16, 13); esso avrà la missione d’insegnare, di custodire, d’interpretare la dottrina della fede e di precisarne le applicazioni alla vita vissuta (Cfr. Cost. Dei Verbum, 8-10). La fede non è pluralistica. La fede, anche per quanto riguarda l’involucro delle formole che la esprimono, è molto delicata ed esigente; e la Chiesa vigila ed esige che la parola enunciante la fede non ne tradisca la verità sostanziale. Dovremmo chiederle  d’essere osservante della lineare esigenza del Vangelo.



Preghiera alla Vergine Maria 

Ave Maria, Donna povera e umile,
benedetta dall'Altissimo!
Vergine della speranza, profezia dei tempi nuovi,
noi ci associamo al tuo cantico di lode
per celebrare le misericordie del Signore,
per annunciare la venuta del Regno di Dio
e la piena liberazione dell’uomo.

Ave Maria, umile serva del Signore,
gloriosa Madre di Cristo!
Vergine fedele, dimora santa del Verbo,
insegnaci a perseverare nell'ascolto della Parola,
a essere docili alla voce dello Spirito,
attenti ai suoi appelli nell'intimità della coscienza
e alle sue manifestazioni negli avvenimenti della storia.

Ave Maria, Donna del dolore,
Madre dei viventi!
Vergine sposa presso la Croce, Eva novella,
sii nostra guida sulle strade del mondo,
insegnaci a vivere e a diffondere l'amore di Cristo,
a portare con umiltà la nostra croce
e stare con te presso la croce di Cristo 

presso i deboli, i sofferenti,gli emarginati, i poveri
ed a conoscere nel loro volto il volto di Cristo.

Ave Maria, Donna della fede,
prima dei discepoli!
Vergine Madre della Chiesa, aiutaci a rendere sempre ragione
della speranza che è in noi,
confidando nella bontà dell'uomo creato da Dio a sua immagine
e nell’ amore del Padre.

Insegnaci a rinnovare il mondo dal di dentro:
nella profondità del silenzio e dell'orazione,
nella gioia dell'amore fraterno,
nella fecondità insostituibile della Croce.
Santa Maria, Madre dei credenti,
prega per noi.

Amen.

                                        
                       Benedetto XVI

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