venerdì 9 maggio 2014

IL VERO BUSINESS DELL'EXPO DA ME DENUNCIATO NEL 2008-2009

                                      



Quella dell'Expo 2015 è una storia complicata, l'esposizione universale che l'anno prossimo si terrà a Milano, nei padiglioni che sono ancora in via di costruzione nell'area di Rho-Pero. Un evento colossale, che porterà (nelle speranze degli organizzatori) milioni e milioni di visitatori, che coinvolge circa 120 paesi, durerà sei mesi e si pensa possa avere delle ripercussioni importanti sulla ripresa economica e l'occupazione (il giro d'affari è stimato in 5 miliardi di euro, 500 milioni solo dalla vendita dei biglietti). Insomma, si attende che l'evento cominci anche per vedere se aiuterà l'Italia nel suo rilancio. Fino a questo momento, però, l'Expo ha più che altro messo in evidenza quelli che sono i classici problemi italiani.
Nel 2008 Milano vince l'assegnazione dell'Expo 2015, presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi, superando la candidatura della città turca di Smirne. I mille progetti che iniziano immediatamente a venire presentati sono stratosferici: parchi urbani al confronto dei quali Hyde Park svanisce; la riapertura dei navigli, i canali d'acqua milanesi in gran parte ricoperti; il "boulevard" di Corso Sempione trasformato in un quartiere della cultura pedonale e ovviamente i tre grattacieli di CityLife, che non sono direttamente legati a Expo, ma che sono sempre stati visti come il simbolo della nuova città che sorge per l'esposizione universale.

Facile immaginare come nulla di tutto questo si sia mai visto, di come i progetti più ambiziosi e immaginifici siano stati presto messi da parte e come al loro posto siano sorte una miriade di infrastrutture più o meno utili, mentre i lavori per la residenza di lusso di CityLife e i suoi grattacieli iniziavano a inanellare ritardi. Ed ecco che, in poco tempo, proprio "ritardi" diventa la parola chiave di tutto  l'Expo. Ritardi nella costruzione delle infrastrutture, nelle nuove linee della metropolitana pensate appositamente per la manifestazione, nei nuovi collegamenti stradali, nei lavori più direttamente legati a Expo 2015.
 Una situazione che inizia a preoccupare fin dall'inizio l'allora sindaco di Milano Letizia Moratti e il presidente della Regione Roberto Formigoni, che su molti aspetti non si trovano d'accordo. Le prime difficoltà, insomma, non tardano a farsi notare, assieme a una raffica di dimissioni dalle cariche di punta: nel 2010 si dimette l'ad Lucio Stanca, nel 2011 si dimette Letizia Moratti dall'incarico di commissario straordinario, nel 2012 si dimette il commissario del Padiglione Italia Luigi Roth, e queste solo per restare alle cariche più importanti.
La città in buona parte non gradisce il "circo" dell'Expo, soprattutto per il sospetto che in troppi se ne stiano approfittando, e che dietro la facciata della "cibo per nutrire la terra" (che è il tema portante) si nascondano interessi economici e speculazione. Nascono i movimenti No Expo, che più che avere la possibilità di fermare l'esposizione universale milanese, provano a mettersi di traverso ai progetti più contestati: l'autostrada BreBeMi, la Rho-Monza, la Via d'Acqua (il nuovo canale, che avrebbe dovuto collegare il Canale Villoresi con il Naviglio Grande passando per il sito Expo, ma che oggi non si sa nemmeno se si farà più).
Nel frattempo cambiano sindaco e governatore, Giuliano Pisapia e Roberto Maroni, e si prova a imprimere un'accelerata ai lavori. Accelerata che passa dai finanziamenti statali per sbloccare i cantieri a volte fermi, ma che passa soprattutto dall'istituzione del commissario straordinario Giuseppe Sala, a cui vengono affidati poteri eccezionali per riuscire a fare andare le opere più spedite: tempi più rapidi per le gare d'appalto, meno vincoli paesaggistici per le opere temporanee, nessuna possibilità di ricorsi al Tar dopo l'assegnazione dei bandi. Insomma, si va di corsa. Con il rischio che tutta questa velocità, indispensabile per arrivare alla fine dei lavori per tempo, possa portare a infiltrazioni criminali e a speculazioni economiche.
È la crisi più profonda che Expo abbia mai attraversato, che fa parlare di una "nuova Tangentopoli" e che fa passare in secondo piano tutte le problematiche, anche gravi, viste finora. E questo proprio mentre si sta correndo come matti per rispettare le scadenza. Angelo Paris era infatti l'uomo con il compito di sorvegliare le gare e i lavori, un compito cruciale in questa fase. Il commissario Sala ha chiesto cinque giorni per trovare una via d'uscita. A questo punto, ritornano ancora più forti i timori che l'Expo possa non farcela.
E a questo punto, quelli che dovevano essere gli ultimi tocchi per il grande evento - la festa per l'inaugurazione dell'Infopoint in piazza Castello (l'Expogate), la nascita della mascotte Foody, la vendita dei biglietti che sta per cominciare - sembrano improvvisamente fuori luogo.
                                

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