mercoledì 19 febbraio 2014

PAPA FRANCESCO, LA MASSONERIA E I PORPORATI ITALIANI

Alla guida della CEI prima c'era il cardinale Camillo Ruini (che ha regnato per 17 anni con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI),  ora c'è il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, che è stato designato da Benedetto XVI  ma,  pare,  non sarebbe  gradito a Francesco per essere, a suo dire, vanesio, narciso e per la sua  untuosità,  il suo  linguaggio lezioso,  ma soprattutto  per la sua libertà e autonomia (cfr. Omelia del Pontefice a Santa Marta alla presenza di Bagnasco l'11 gennaio 2014). E, per questi motivi, lo vorrebbe  ridimensionare mettendo alla Cei  una persona di sua fiducia dimostrando, in tal modo, che esistono, purtroppo,  le correnti anche in Vaticano e non solo nei partiti. Che Francesco privilegi nelle nomine i diplomatici non è una novità. Evidentemente, i diplomatici, ad eccezione di Ricca (che ha perso la testa per un capitano elvetico  e frequentava locali notturni gay a Montevideo. Si non caste autem caute diceva l'Arcivescovo sassone di Amburgo- Brema, Adalberto, nel 1042, in occasione del Sinodo di Pasqua, a Reims. Noi non giudichiamo la condotta audace di mons. Ricca ma ci atteniamo all'invito di Adalberto ) sono più prudenti dei curiali ed hanno qualche milione di neuroni in più nel cervello dei vescovi italiani 
 Proviamo ad elencare sommariamente una serie di  motivi  per i quali i  bergogliani  vogliono una  discontinuità con la gestione Bagnasco.  Il primo motivo: quando fu eletto Francesco al soglio pontificio, la CEI fece un comunicato stampa improvvido, inopportuno e sconveniente che elogiava il nuovo papa Angelo Scola. Era il segno tangibile e reale  che, in Conclave, gli italiani, ad eccezione dei curiali,  avevano votato per il cardinale Angelo Scola.  Fu una gaffe terribile ma Francesco, nella sua infinità bontà e misericordia, ( si fa per dire) lasciò correre. Chi firmo'  il comunicato era il vescovo Mariano Crociata, segretario generale CEI. Quando si  liberò la sede cardinalizia di Palermo,  mons. Crociata, chiese di andare a Palermo per diventare cardinale, ma il Papa lo mandò senza tanti complimenti a Latina una sede minore e non cardinalizia. E nominò al suo posto,  mons. Nunzio Galantino,  vescovo di Cassano  all' Jonio per la sua umiltà e semplicità. E' l'unico vescovo in Italia che non ci tiene al titolo di  "Eccellenza Reverendissima" ma vuole essere chiamato solo don Nunzio.  Altro sgarbo. Per il concistoro del 22 febbraio 2014  Papa Francesco  non ha nominato cardinale nessun vescovo italiano residenziale (vedi le sedi di Torino e Venezia desolatamente vuote) e ha nominato, invece, l'arcivescovo di Perugia mons. Gualtiero Bassetti contro ogni previsione. Il Patriarca di Venezia e l'Arcivescovo di Torino non saranno, quindi, cardinali.  Un altro Vescovo, mons. Vincenzo  Pelvi, è stato dimissionato dall'Ordinariato Militare cui ambiva restare in mezzo agli onori e ai generali anche dopo il compimento dei 65 anni, ma il Papa ha nominato al suo posto un vescovo della Calabria. E così Pelvi ha perso la poltrona di Ordinario militare: deve ancora  diventare un " pastore che odora le sue pecore" come vuole papa Francesco.
Un altro sgarbo. Un amico di Bagnasco, il  cardinale italiano mons. Mauro Piacenza,  è stato retrocesso dalla potente  Congregazione del Clero alla Penitenzieria Apostolica: avrebbe amicizie potenti e  sarebbe addirittura un massone come i cardinali Marchisano (estremamente attivo nelle varie logge per attuare il piano contro la Chiesa), Sodano, Comastri, Sardi, De Giorgi, e Sepe. Nel passato, invece, lo furono il  segretario di Paolo VI  Pasquale Macchi,  papa Benedetto XIV vissuto nel '700, e  i cardinali defunti recentemente: Oddi,  Martini, Suenens, Poletti, Casaroli, Pellegrino, Villot, Baggio, Brandao Vilela, Arns, Koenig, Bea, Laghi, Noè, Cooke, Cushing, Angelini, Padre E. Balducci, il gesuita Padre Caprile, il discusso vescovo Usa Marcinkus,  il Vescovi Gottardi di Trento, quello di  Lilla Lienart, il liturgista mons. Annibale Bugnini e il vescovo di Livorno Ablondi.  Dunque, dei nemici  presunti massoni  all'interno della Curia Romana il cui motto era ed è: «Credere il meno possibile, senza essere eretico; per obbedire il meno possibile, senza essere ribelle» (Giuseppe De Mestre). L'obiettivo: distruggere la Chiesa papata.  E se fossero tutte  calunnie o diffamazioni? Non è dato sapere e noi "facciamo epochè" cioè "sospendiamo il giudizio" un concetto coniato dal medico e filosofo greco del II secolo, Sesto Empirico (uno dei massimi esponenti dello scetticismo) e ripreso dal filosofo Husserl.   Ma che Francesco non voglia fare la fine di Papa Luciani lo dimostra il fatto che abbia deciso di abitare nella residenza Santa Marta in mezzo a vescovi e cardinali controllato a vista dal fido mons. Battista Ricca (noto gay disinvolto della diplomazia vaticana. Basti solo citare  i due scandali sessuali da Nunzio apostolico in Uruguay) onde evitare avvelenamenti o strane cadute accidentali che la massoneria intende favorire.
                                              

mons. Battista Ricca

Nel mirino di Francesco,  poi,  ci sono le moltissime Diocesi italiane (ben 226) che egli vuole accorpare e ridurre di  1/3  I vescovi italiani in futuro saranno, quindi,  molti di meno. Per fare capitolare Bagnasco, Francesco non  vuole la cooptazione dall'alto come è avvenuto per tutti i presidenti della CEI.  Il prossimo presidente CEI sarà eletto da tutti i vescovi italiani come avviene in tutte le conferenze episcopali del mondo. La proposta alternativa è la rosa di nomi da portare a Bergoglio e lui dovrebbe scegliere. Ci sarebbe poi il caso Sepe (accusato di essere massone) all'attenzione del Segretario di Stato Pietro  Parolin.  L'Arcivescovo di Napoli, che prima guidava disinvoltamente Propaganda Fide, verrebbe sostituito dal  teologo ambizioso e  progressista  Bruno Forte, arcivescovo di Chieti - Vasto, colui che ama parlare, a vanvera, del Dio di Gesù Cristo: siamo alla teologia protestante. (sic!) Cosi, il disastro teologico (a cui ci ha abituato da anni), che era contenuto in una piccola diocesi abruzzese, ora verrebbe allargato nella Arcidiocesi di Napoli che è complessa, variegata e frammentata ma pur sempre una sede cardinalizia. Chi è Forte? E'  un vescovo che si è invaghito del teologo protestante tedesco Rudolf Bultmann e dell'elvetico Karl Barth. Il primo è passato alla storia per la demitizzazione del Nuovo Testamento. Non crede nei miracoli di Cristo, ma anche nella  sua nascita verginale, nella sua risurrezione e nell'ascensione al Cielo. Per l'uomo moderno, la concezione mitica del mondo, le rappresentazioni della escatologia, del Redentore e della redenzione sono sorpassate e superate. Di Gesù Cristo Bultmann salva soltanto il suo messaggio, il Kerigma. Per il teologo protestante ciò è sufficiente perché l'opera fondamentale di Cristo è l'annuncio del Regno di Dio. L'essenza del suo messaggio è, nella sostanza, un nuovo modo di comprendere l'umana esistenza. Il secondo per il suo commento alla Lettera ai Romani e per considerare Dio il "Totalmente Altro", "alterità assoluta"  cioè "il Dio sconosciuto" concetti che troviamo in una Lettera pastorale di Martini su Dio.  Barth è famoso per aver criticato la mariologia definendola un "tumore da estirpare". E, con questa bestemmia, abbiamo detto tutto.                                      
Altri  esempi sulla teoria mitica: Gesù non è mai esistito, l'Incarnazione rappresenta la divinizzazione dell'uomo, l'ultima cena rimanda a riti iniziatici orientali in cui ci si ciba magicamente delle carni di un dio. la resurrezione è la rinascita dell'uomo alla verità. Per esempio, in uno dei suoi studi, Bruno Forte comincia con l’attribuire scarso valore storico ai racconti del sepolcro vuoto, ritenendo questo argomento ambiguo e frutto del lavoro redazionale degli evangelisti; quindi, sulla scia di autori come G.Schille, L.Schenke, E.Schillebeeckx ( in ottima compagnia con  Von Harnack, Schweitzer,  Bonhoeffer, Jaspers, Ricoeur, Pannenberg e Jüngel  più rigorosi  nell'esporre il NT  intriso di miti) lo considera appunto una “leggenda eziologica”, ovvero un artificio per suffragare il culto che i giudeo-cristiani svolgevano al luogo della sepoltura di Gesù.
Inoltre, il dato della tomba vuota viene ritenuto ambiguo, perché suscettibile di svariate interpretazioni e perciò incapace di fondare la fede nella risurrezione. Per cui, al contrario, secondo un tipico procedimento bultmanniano, sarebbe la fede ad interpretare il sepolcro vuoto, il quale non aggiungerebbe né toglierebbe nulla all’esperienza degli apostoli che confessarono la risurrezione e la glorificazione di Cristo, cioè la sua signoria sulla morte (cfr B.Forte, Gesù di Nazareth storia di Dio, Dio della storia, Cinisello B. 1994, 7ed., p 103).Si dovrebbe dedurre di conseguenza, che, qualora la risurrezione fosse storicamente avvenuta, la fede sarebbe superflua. Inoltre, riferendosi a Mc 16,1-8, Forte ritiene “inverosimile” che le donne si siano recate al sepolcro per “ungere un cadavere a tanta distanza dalla morte” (Ibid., p 103, n 31). Il sepolcro vuoto è all’origine di una suggestione mitica dei discepoli, ereditata dai cristiani (cfr Ibid., p 103, n 35). Dunque, il sepolcro vuoto, come altri particolari evangelici riguardanti la risurrezione, sarebbe una ‘prova’ fabbricata dalla comunità (V.Messori, Dicono che è risorto, Un’indagine sul Sepolcro vuoto, Torino 2000, p 86).
Che dire? Nelle Vite dei Profeti, un documento del I secolo, è attestato che i capi religiosi giudei usavano recarsi a pregare presso i sepolcri intorno a Gerusalemme, molti dei quali sono stati messi in luce dagli archeologi.
Chi conosce il giudaismo sa che la mishna e il talmud prescrivevano che i sepolcri rimanessero aperti per tre giorni dal momento della sepoltura di un defunto, onde permettere i riti di pietà come l’unzione, che, infatti, veniva ripetuta sui cadaveri già avvolti nei teli; però, in prossimità delle grandi festività giudaiche come la Pasqua, i sepolcri venivano chiusi temporaneamente. Quindi, anche i discepoli di Gesù si apprestavano ad osservare tali prescrizioni (cfr Mc 16,6), se non fosse intervenuta la risurrezione.
Infatti la sepoltura del suo corpo era stata fatta in tutta fretta a motivo della parasceve pasquale, pertanto bisognava ritornare a completare l’operazione. Tutto questo avvalora ulteriormente l’importanza del sepolcro vuoto. Ma Bruno Forte lo ignora.
In realtà, come Vittorio Messori ha osservato, sussiste “in molti biblisti contemporanei, pur di formazione e convinzioni cristiane, la persuasione sociologica che l’uomo ‘moderno’ non potrebbe accettare l’idea di una risurrezione corporale…”(Ibid., p 87): per loro quel che conta è ‘l’esperienza’ soggettiva degli apostoli e non l’avvenimento storico della risurrezione.
Allora, ci si dovrebbe chiedere: se il sepolcro vuoto non avesse avuto alcuna importanza, perché l’angelo avrebbe invitato a vedere il luogo dove era stato deposto il Signore (cfr Mc 16, 5 s)? Se lo fece, non fu perché le donne non ne conoscessero l’ubicazione, ma perché constatassero di persona lo stato dei teli funerari, come meglio e con sguardo d’aquila farà Giovanni, sì che ‘vide e credette’(cfr Gv 20,8).   
     

  Forte: il teologo ambizioso che guarda un po'  troppo alla teologia protestante
 


Il sepolcro vuoto è ‘prova’ della risurrezione perché in esso le bende e il sudario erano come svuotati, anzi, ad osservarli attentamente, davano la sensazione che non fosse trascorso molto tempo. Così, il sepolcro vuoto appartiene al segno di Giona promesso dal Maestro.
Come ben ricorda Messori, l’invito dell’angelo a visitare la tomba vuota è del tutto collegato ai segni del mistero che vi si era appena compiuto(cfr Ibid., p 143). L’angelo rimosse la pietra dall’ingresso del sepolcro dopo che Cristo era risorto; così la fede nasce dalla risurrezione e non il contrario, a meno che non si ritenga che anche l’angelo sia un genere letterario.
Dunque, nel sepolcro vuoto non v’è ambiguità, anzi vi sono i segni che provano la risurrezione; più che da interpretare c’è da vedere e credere; quindi il sepolcro vuoto “aggiunge” molto – e come! – all’esperienza apostolica della risurrezione, altrimenti, secondo san Paolo, non sussisterebbe la fede(cfr 1 Cor 15,14). E’ proprio il contrario di ciò che sostiene Bruno Forte.
Ora, il sepolcro vuoto è capace di fondare la fede nella risurrezione; non è argomento con “qualche contenuto storico”; anzi, proprio le “incongruenze storiche” stanno a dimostrare che il cosiddetto “lavoro redazionale dell’evangelista” non era teso ad annullarle ma a rispettarle, in quanto collegate ad un fatto storicamente avvenuto. La Chiesa di certo non le ha attenuate nella proclamazione delle Scritture; pertanto, si deve affermare che ancora oggi “La struttura della parola è sufficientemente univoca”(J.Ratzinger, Che cos’è la teologia? in La Comunione nella Chiesa, Cinisello B., 2004, p 32).
A questo punto, il sepolcro vuoto si dimostra come un fatto degno d’essere raccontato e un argomento che prova la risurrezione del Signore: perciò dalle origini ad oggi ha motivato il culto a Gerusalemme e il pellegrinaggio da tutto il mondo. Il sepolcro trovato vuoto non si può spiegare naturalmente, perché appartiene ai fatti straordinari provati storicamente: cioè che Gesù era stato sepolto in una tomba nuova e che fu visto (oftê), risorto ‘in carne ed ossa’(Lc 24,39), da Cefa e da molte altre persone (si veda la lista in 1 Cor 15,5-7). Se la tomba non fosse stata vuota, gli apostoli non avrebbero potuto predicare in Gerusalemme; nemmeno ai Giudei fu possibile negarlo, sebbene accusassero gli apostoli d’aver trafugato il corpo(cfr Mt 28,11-15). Se la tomba non era vuota, e il corpo di Gesù continuava a giacervi, subendo la decomposizione, così che tutt’oggi avremmo potuto trovarvi i suoi resti,le sue ossa, Gesù non è risorto.                  

                                                      Il Cardinale Francesco Coccopalmerio
 


La tomba vuota non è la condizione sufficiente per la fede nella risurrezione,ma è la condizione necessaria: quello che confessiamo dicendo ch’egli è risorto, precisamente che il suo corpo non è rimasto morto.Diversamente ci sarebbe soltanto la sopravvivenza dell’anima, e l’anima di tutti è sempre,per definizione, immortale(per natura sua, come insegna l’Aquinate,o per speciale decreto divino, come dice Scoto).
Oppure,come vorrebbero appunto i demitizzatori vari, idealisti e liberal protestanti, si tratterebbe meramente di una sopravvivenza ideale, morale,che non aggiunge niente a quella di qualsiasi personaggio venerato o persona amata. Inutile, parlare della convinzione dei discepoli ch’egli sia sempre vivo,se poi di fatto non lo sia. E allora, secondo san Paolo, saremmo i più miserabili degli uomini(cfr 1 Cor 15,19).
Confessare Gesù risorto vuol dire che la tomba è realmente vuota, ch’egli vive in anima e corpo, che il suo corpo non è rimasto nella tomba e non ha subito decomposizione, ecc. Dire che questo non importa vuol dire non credere nella risurrezione. Ad onta del ‘pensiero debole’ diffuso tra taluni teologi ed ecclesiastici, la liturgia, come nel communicantes del canone romano, afferma la risurrezione di Cristo “nel suo vero corpo”.
In verità, “Il messaggio della risurrezione continua ad essere accompagnato e contrastato dal dubbio, anche se alla fine si rivela essere un messaggio vincente capace di superare tutti i dubbi”(J.Ratzinger, Dio e il mondo, Cinisello B., 2001, p 306), ad onta del ‘pensiero debole’ militante tra teologi ed ecclesiastici spiritualisti. Surrexit Dominus vere! Speriamo solo che il vescovo Bruno Forte sui dogmi della fede cattolica non la pensi come il 
filosofo scozzese del '700  David Hume il quale ha affermato che: "Se ci capita per le mani qualche volume, per esempio, di teologia o metafisica scolastica, domandiamoci: contiene qualche ragionamento sperimentale su questioni di fatto e di esperienza? No. E allora gettiamolo nel fuoco, perché non contiene che sofisticherie e inganni".   
Già perchè oggi  nella Chiesa ci sono tanti “dottori” per i quali valgono le terribili parole di san Pietro nel mettere in guardia i primi cristiani dai maestri di errori e deviazioni: «Vi furono tra il popolo dei falsi profeti, come pure tra voi ci saranno dei maestri bugiardi, i quali introdurranno sètte di perdizione e rinnegheranno quel Signore che li ha riscattati, tirandosi addosso una pronta perdizione. (…)  Questi sono fontane senz’acqua e nebbie sbattute dai turbini e ad essi è riserbata la caligine tenebrosa. Mentre fanno discorsi di vanità superba, adescano per mezzo delle impure passioni della carne coloro che poco prima fuggivano da chi viveva nell’errore; e promettono loro la libertà, mentre essi stessi sono schiavi della corruzione» (2Pt 2,1 e 17,19).
Da ultimo,  il prossimo segretario generale della CEI, sarà un sacerdote come avviene nel resto del mondo. 
Lo Ior è la banca del Vaticano e  vi sedevano nel CdA due italiani: il cardinale Tarcisio Bertone (accusato di essere massone)  e il cardinale ligure Domenico Calcagno. Ebbene, entrambi sono stati congedati da Francesco, e ora non ci sono più porporati italiani dentro il cda dello Ior se non il chiaccherato Ricca ex nunzio in Uruguay. L'unico che conta  davvero qualcosa dentro la Curia Romana  è mons. Pietro Parolin il Segretario di Stato vicentino che è molto diplomatico, discreto  e non ama apparire. L'opposto del cardinal Bertone. Poi ci sono due cardinali molto quotati da Francesco che sono  il  moderator curiae romanae (il  dirigente generale della Curia romana) cioè mons. Francesco Coccopalmerio, esperto di diritto canonico e progressista, martiniano della prima ora  e il  massone cardinale Angelo Comastri, Arciprete della Basilica papale di San Pietro in Vaticano, Presidente della Fabbrica di San Pietro e Vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano e per le Ville Pontificie di Castel Gandolfo. Comastri cumula, per la sua salute, estremamente cagionevole, troppi incarichi gravosi. Dovrebbe riguardarsi di più, scrivere meno libri banali e noiosi  e rinunciare al potere, all'arrivismo e ai soldi  come ci esorta Francesco. Se no è profondamente ingiusto parlare di untuosità in un'omelia davanti a Bagnasco come se gli altri porporati  fossero meno untuosi. Basta vedere le foto che parlano da sole.
                            
Papa Bergoglio manda, infine,  l'ultimo segnale a Bagnasco. Il suo punto riferimento nei media è il veneto Dino Boffo figura molto discussa  che,  dopo una condanna per molestie sessuali da parte del gip di Terni  nel 2004,  è stato incredibilmente promosso direttore di Avvenire e  di TV 2000 e Radio in blu.  Il Papa l'ha rimosso giustamente dall'incarico dopo che mons. Giovanni Angelo  Becciu, sostituto alla segreteria di Stato,  ne chiedeva la testa. Adesso toccherà al direttore di Avvenire Tarquinio ad essere sostituito.  Il cardinale Bagnasco, a questo punto, deve trarre le conclusioni di fronte a congiure e a veleni nei sacri palazzi.  Un uomo, per quanto serio, capace e onesto,  non può andar bene per tutte le stagioni...

alberto.giannino@gmail.com

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