I risparmiatori vogliono costituirsi parte civile. L’ammontare della causa supera i 20 milioni di euro.
Salvatore Ligresti
di Paolo Colonnello
La Stampa
I nuovi guai per la famiglia Ligresti, e non solo per loro, stanno arrivando da una class action che un migliaio di risparmiatori, radunati sotto le bandiere del Si.ti, il sindacato di tutela investimenti, ha deciso di promuovere costituendosi parte civile nei processi di Torino e, prossimamente, di Milano. Il valore complessivo del «portato» nella causa è pari a un capitale di oltre 20 milioni di euro ma il penalista che assiste i risparmiatori, l’avvocato Fabio Belloni, non esclude che da qui al 4 dicembre, quando le costituzioni verranno ufficialmente depositate partendo da Torino, la cifra possa notevolmente salire. Si tratta dei titolari di azioni Fonsai e Milano Assicurazioni, ma anche Premafin, che vedono nelle inchieste che hanno rivelato bilanci allegri, consulenze fittizie e gestioni poco trasparenti, un danno personale al loro portafoglio azioni e che chiedono adesso di individuare le responsabilità civili per rivalersi in ogni sede. A partire dai Ligresti per seguire con i vari manager e personaggi che si sono affacciati nell’operazione Fonsai e Premafin.
Tecnicamente si tratta di un’azione collettiva e ricorda da vicino la situazione che si era venuta a creare con gli azionisti di Parmalat che si costituirono all’epoca contro l’ex patron di Collecchio, difeso allora tra gli altri proprio dall’avvocato Belloni. Nel mirino delle domande risarcitorie, spiega il legale, «ci saranno sicuramente i Ligresti, i vertici di Fonsai ma non si esclude Unipol». La domanda che si pongono i legali è per esempio se le scelte di fusione furono pilotate e con quali vantaggi.
Di certo c’è grande attesa per la chiusura dei vari filoni delle inchieste milanesi, di cui un anticipo si è avuto l’altro ieri con il primo stralcio relativo alle consulenze fittizie nella Milano Assicurazioni, attraverso le quali l’ex re del mattone avrebbe ricevuto 7 milioni e mezzo di euro in tre anni (dal 2008 al 2011), grazie alla benevolenza dell’ex condirettore del gruppo assicurativo Emanuele Erbetta. Al varco si attendono la chiusura delle indagini per l’aggiotaggio sulle azioni Premafin, con il ruolo attivo del finanziere francese Bollorè che avrebbe contribuito al pompaggio del titolo che serviva da garanzia alle banche. È nel contesto di questa vicenda che il pm Orsi ha fatto sequestrare i trust off-shore (Bahamas e Lussemburgo) attraverso i quali Ligresti e i suoi figli controllavano oltre il 70 per cento (rispetto al 50 per cento ufficialmente dichiarato) di Premafin. C’è poi l’ipotesi di bancarotta per le due società controllate, Imco e Sinergia e gli spostamenti di finanziamenti preferenziali a Unicredit nel 2010, quando già le società erano in difficoltà. Quindi l’inchiesta sulla corruzione del capo dell’Isvap, l’ente di controllo sulle assicurazioni, Giancarlo Giannini, amico di Ligresti e, secondo le accuse, fin troppo tenero con i controlli verso Fonsai.
Infine, c’è la storia del cosiddetto «papello» firmato da Alberto Nagel di Mediobanca (ma scritto da Lionella Ligresti) e che avrebbe garantito ai Ligresti una buonuscita di 45 milioni di euro oltre diversi benefit in cambio del passaggio indolore di Fonsai a Unipol. Un accordo sottaciuto al mercato.
Salvatore Ligresti
di Paolo Colonnello
La Stampa
I nuovi guai per la famiglia Ligresti, e non solo per loro, stanno arrivando da una class action che un migliaio di risparmiatori, radunati sotto le bandiere del Si.ti, il sindacato di tutela investimenti, ha deciso di promuovere costituendosi parte civile nei processi di Torino e, prossimamente, di Milano. Il valore complessivo del «portato» nella causa è pari a un capitale di oltre 20 milioni di euro ma il penalista che assiste i risparmiatori, l’avvocato Fabio Belloni, non esclude che da qui al 4 dicembre, quando le costituzioni verranno ufficialmente depositate partendo da Torino, la cifra possa notevolmente salire. Si tratta dei titolari di azioni Fonsai e Milano Assicurazioni, ma anche Premafin, che vedono nelle inchieste che hanno rivelato bilanci allegri, consulenze fittizie e gestioni poco trasparenti, un danno personale al loro portafoglio azioni e che chiedono adesso di individuare le responsabilità civili per rivalersi in ogni sede. A partire dai Ligresti per seguire con i vari manager e personaggi che si sono affacciati nell’operazione Fonsai e Premafin.
Tecnicamente si tratta di un’azione collettiva e ricorda da vicino la situazione che si era venuta a creare con gli azionisti di Parmalat che si costituirono all’epoca contro l’ex patron di Collecchio, difeso allora tra gli altri proprio dall’avvocato Belloni. Nel mirino delle domande risarcitorie, spiega il legale, «ci saranno sicuramente i Ligresti, i vertici di Fonsai ma non si esclude Unipol». La domanda che si pongono i legali è per esempio se le scelte di fusione furono pilotate e con quali vantaggi.
Di certo c’è grande attesa per la chiusura dei vari filoni delle inchieste milanesi, di cui un anticipo si è avuto l’altro ieri con il primo stralcio relativo alle consulenze fittizie nella Milano Assicurazioni, attraverso le quali l’ex re del mattone avrebbe ricevuto 7 milioni e mezzo di euro in tre anni (dal 2008 al 2011), grazie alla benevolenza dell’ex condirettore del gruppo assicurativo Emanuele Erbetta. Al varco si attendono la chiusura delle indagini per l’aggiotaggio sulle azioni Premafin, con il ruolo attivo del finanziere francese Bollorè che avrebbe contribuito al pompaggio del titolo che serviva da garanzia alle banche. È nel contesto di questa vicenda che il pm Orsi ha fatto sequestrare i trust off-shore (Bahamas e Lussemburgo) attraverso i quali Ligresti e i suoi figli controllavano oltre il 70 per cento (rispetto al 50 per cento ufficialmente dichiarato) di Premafin. C’è poi l’ipotesi di bancarotta per le due società controllate, Imco e Sinergia e gli spostamenti di finanziamenti preferenziali a Unicredit nel 2010, quando già le società erano in difficoltà. Quindi l’inchiesta sulla corruzione del capo dell’Isvap, l’ente di controllo sulle assicurazioni, Giancarlo Giannini, amico di Ligresti e, secondo le accuse, fin troppo tenero con i controlli verso Fonsai.
Infine, c’è la storia del cosiddetto «papello» firmato da Alberto Nagel di Mediobanca (ma scritto da Lionella Ligresti) e che avrebbe garantito ai Ligresti una buonuscita di 45 milioni di euro oltre diversi benefit in cambio del passaggio indolore di Fonsai a Unipol. Un accordo sottaciuto al mercato.
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