Pronta la mozione di sfiducia del Movimento 5 Stelle per Annamaria Cancellieri. Mentre continua il silenzio da parte dei vertici delle istituzioni, Giorgio Napolitano ed Enrico Letta in primis, i partiti decidono le loro mosse rispetto al caso delle pressioni della Guardasigilli a favore della concessione dei domiciliari a Giulia Ligresti. Il Pd prende tempo e, per bocca del responsabile giustizia Danilo Leva, fa sapere che il partito attenderà un chiarimento in Aula da parte del ministro prima di prendere un posizione. Il Pdl, invece, attraverso le parole del vicepremier Angelino Alfano,
esprime la propria solidarietà al Guardasigilli. Il Movimento 5 Stelle,
infine, si prepara a presentare una mozione di sfiducia, che è stata
pubblicata sul blog di Beppe Grillo. Ecco il testo del documento.
“Premesso che da notizie di stampa de “la Repubblica” e de “il Fatto Quotidiano” del 31 ottobre u.s. risulta che la Procura di Torino, sia in possesso di tabulati telefonici che contengano diversi contatti tra la famiglia Ligresti ed il Ministro della Giustizia Cancellieri, oltre al di lei figlio, fin dal giorno degli arresti della figlia Giulia. Il 17 luglio del 2013 il Tribunale di Torino ha disposto gli arresti per Salvatore Ligresti, per i suoi tre figli e per tre manager della compagnia Fonsai per falso in bilancio aggravato e aggiotaggio; per Salvatore Ligresti e i tre manager veniva disposto il giudizio immediato. La figlia Giulia Ligresti, coinvolta nell’inchiesta Fonsai, risulta essere l’unica, al momento, ad aver patteggiato; il 19 settembre 2013 veniva condannata a due anni e otto mesi di reclusione. Dalle intercettazioni telefoniche risulta che la compagna di Salvatore Ligresti, Gabriella Fragni, abbia suggerito al cognato Antonio Ligresti “di contattare il ministro come ultimo tentativo, visto che la situazione della figlia Giulia non trovava soluzione”. Risultano dai tabulati diverse telefonate del ministro stesso con i fratelli della famiglia Ligresti e risultano chiamate telefoniche ai due vice capi del dipartimento per l’amministrazione penitenziaria (DAP), Francesco Cascini e Luigi Pagano, per “sensibilizzarli” sul fatto che la figlia dell’ingegnere, arrestata il 28 luglio, soffrisse di anoressia. Risulta inoltre, intorno alla metà di agosto, con inconsueto zelo e tempestività, “un referto inviato dalle psicologhe dell’istituto penitenziario di detenzione della Ligresti in cui si segnalava lo stato di depressione della donna e si certificava l’incompatibilità del regime carcerario con le condizioni di salute della stessa”.
Il 28 agosto, undici giorni dopo la telefonata di Antonio Ligresti, fratello di Salvatore Ligresti, diretta al Ministro, venivano concessi gli arresti domiciliari a Giulia Maria Ligresti. Risulta che l’interessamento del Ministro verso la situazione di Giulia Ligresti sia confermato anche nel verbale di interrogatorio del 22 agosto, durante il quale il Ministro dichiarava al procuratore aggiunto Vittorio Nessi che: “si è trattato di un intervento umanitario assolutamente doveroso in considerazione del rischio connesso con la detenzione”. L’intervento del Ministro a favore della scarcerazione di Giulia Ligresti “per motivi legati all’anoressia” presenta aspetti molto discutibili e che devono essere chiariti sul piano politico e non solo su quello giudiziario, in quanto risulta grave che l’intervento in questione sia stato richiesto da una telefonata privata e che abbia riguardato una classica detenuta eccellente. Il Ministro in indirizzo, nel corso del citato interrogatorio, così come riportato dagli organi di informazione, è stato chiamato a ricostruire le circostanze per le quali abbia di propria iniziativa contattato telefonicamente la compagna di Salvatore Ligresti, Gabriella Fragni, per manifestarle “solidarietà sotto l’aspetto umano” in occasione dell’arresto del compagno e delle di lui figlie, esprimendo al contempo forte rammarico e disappunto per l’accaduto, invitando altresì l’interlocutrice a “contare” sullo stesso Ministro per “qualsiasi cosa serva”. Il Ministro ha ammesso di avere ricevuto la telefonata di Antonino Ligresti in cui questi le rappresentava preoccupazione per lo stato di salute della nipote Giulia sofferente di anoressia, e che, pare, “rifiutasse il cibo in carcere” e ha ammesso di aver “sensibilizzato i due vice capi del Dap, perché facessero quanto di loro stretta competenza per la tutela della salute dei carcerati”.
“Cascini era al corrente della situazione perché lo aveva già letto sui giornali e si era già posto il problema. Dopo di allora non li ho più sentiti e non so se siano intervenuti, e eventualmente, in che termini”, conclude il Ministro con una excusatio non petita, e chiarendo dunque che il suo interessamento era stato per un carcerato soltanto, Giulia Maria Ligresti. Inoltre, per completezza di informazioni, occorre sottolineare come la vicinanza tra il ministro e la famiglia Ligresti, sia di tutta evidenza in considerazione del fatto che il figlio del Ministro, Piergiorgio Peluso, risulta aver lavorato in Fonsai dal maggio del 2011, dopo essere stato responsabile del Corporate & Investment banking di Unicredit per l’Italia, posizione dalla quale aveva trattato l’esposizione delle società della famiglia siciliana. Peluso risulta aver incassato nel 2012 una buonuscita di 3,6 milioni di euro dopo un anno di lavoro come direttore generale della compagnia assicurativa Fondiaria Sai in virtù delle clausole contenute nel suo contratto che consentivano, in caso di cambio di controllo o di demansionamento, la possibilità di dimettersi con giusta causa e di incassare l’equivalente di tre annualità. Facoltà che Peluso ha deciso di esercitare dopo un anno, non rientrando una sua conferma nei programmi di Unipol, nel frattempo salita sulla plancia di comando dell’ex compagnia dei Ligresti. Inoltre, secondo annotazioni della Guardia di Finanza di Torino del 29 agosto 2013, Peluso “continua a intrattenere rapporti con alcuni dirigenti del Gruppo, interessandosi sia alle vicende giudiziarie che quelle societarie”. Da pregresse intercettazioni operate sulla stessa Giulia Ligresti, lei stessa, sfogandosi con un’amica, giudicava quella liquidazione milionaria nei confronti del figlio della Cancellieri come una ingiustizia: “Gli danno una liquidazione, invece che chiedergli i danni!”. “Sì, invece di chiedergli i danni! Mi hanno detto che in Consiglio nessuno ha fiatato. Sì, sì.. Approvato all’unanimità. Che se fosse stato il nome di qualcun altro… Questo qui ha 45 anni, è un idiota. Perché veramente è venuto a distruggere una compagnia. Perché lo ha fatto proprio su mandato la distruzione… 5 milioni, è andato in Telecom, e l’Italia non scrive niente”. Alla luce di ciò il comportamento del Ministro appare ancora più grave, e potrebbe sembrare come il pagamento di un debito a fronte di un guadagno percepito dal figlio. In carcere si soffre e si muore: ogni giorno è emergenza umanitaria nelle nostre carceri.
Ma alle grida di disperazione, agli allarmi quotidiani lanciati dai Garanti dei diritti dei detenuti, alle angosce dei parenti dei reclusi, ai casi conclamati di incompatibilità delle condizioni di salute con la penosa condizione degli istituti e dei servizi sanitari interni, al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non sanno cosa rispondere, ma “si pongono il problema”, – per usare le parole della Cancellieri riferite al vice capo Francesco Cascini, – guarda caso solo per una detenuta eccellente, mentre altri 70.000 continuano a soffrire ed a morire. E’ particolarmente grave che il ministro si serva di figure di garanzia come i magistrati, vice capi del DAP per adempiere ai suoi debiti privati, attraverso presunti atti di deviazione delle funzioni pubbliche. Ed è ancor più grave che di fronte ad una ingerenza interessata del Ministro, i magistrati che operano al DAP possano essere stati servizievoli col potere esecutivo e – anche a volere ritenere, contro l’evidenza, che non siano intervenuti (ma è difficile ritenerlo visto che “già si erano posti il problema“) – comunque non abbiano preso le distanze da un simile comportamento; non abbiano accertato come e perché sia stata adottata dalla psicologa l’iniziativa di promuovere una scarcerazione; non abbiano riferito formalmente all’autorità giudiziaria dell’interessamento ricevuto da parte del Ministro, così venendo meno alla funzione di garanzia e di pari trattamento di tutti i detenuti, tradendo i loro colleghi che lavorano negli uffici giudiziari, e gettando ombre sulle carriere e sulle attività svolte da magistrati all’ombra dell’esecutivo. Di fronte ad un’indagine ancora in corso, gli elementi a disposizione della magistratura richiedono un chiarimento su quanto sia davvero accaduto, e il solo sospetto che un Ministro della Giustizia possa aver ricevuto ed esercitato pressioni, è un’ombra di cui un membro delle istituzioni non si può vestire. D’altra parte siamo memori di un caso, avvenuto nella scorsa legislatura, e riguardante un Presidente del Consiglio dei Ministri e la Questura di Milano che può sembrare molto simile alla situazione in questione.
Un Ministro della Giustizia che si sia lasciato condizionare nel suo operato dai suoi rapporti personali con la famiglia Ligresti – e dai rapporti economici poco chiari del figlio – agendo, oltretutto, con una marcata disparità di trattamento verso gli altri detenuti “non eccellenti”, ed utilizzando i magistrati che operano all’interno del ministero, è un’ombra indelebile sulla sua figura istituzionale da un punto di vista etico, morale e politico. Per tutti questi motivi esposti in premessa, visti gli articoli 94 della Costituzione e 115 del Regolamento della Camera dei deputati; esprime sfiducia al Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri e lo impegna a rassegnare le dimissioni.”
“Premesso che da notizie di stampa de “la Repubblica” e de “il Fatto Quotidiano” del 31 ottobre u.s. risulta che la Procura di Torino, sia in possesso di tabulati telefonici che contengano diversi contatti tra la famiglia Ligresti ed il Ministro della Giustizia Cancellieri, oltre al di lei figlio, fin dal giorno degli arresti della figlia Giulia. Il 17 luglio del 2013 il Tribunale di Torino ha disposto gli arresti per Salvatore Ligresti, per i suoi tre figli e per tre manager della compagnia Fonsai per falso in bilancio aggravato e aggiotaggio; per Salvatore Ligresti e i tre manager veniva disposto il giudizio immediato. La figlia Giulia Ligresti, coinvolta nell’inchiesta Fonsai, risulta essere l’unica, al momento, ad aver patteggiato; il 19 settembre 2013 veniva condannata a due anni e otto mesi di reclusione. Dalle intercettazioni telefoniche risulta che la compagna di Salvatore Ligresti, Gabriella Fragni, abbia suggerito al cognato Antonio Ligresti “di contattare il ministro come ultimo tentativo, visto che la situazione della figlia Giulia non trovava soluzione”. Risultano dai tabulati diverse telefonate del ministro stesso con i fratelli della famiglia Ligresti e risultano chiamate telefoniche ai due vice capi del dipartimento per l’amministrazione penitenziaria (DAP), Francesco Cascini e Luigi Pagano, per “sensibilizzarli” sul fatto che la figlia dell’ingegnere, arrestata il 28 luglio, soffrisse di anoressia. Risulta inoltre, intorno alla metà di agosto, con inconsueto zelo e tempestività, “un referto inviato dalle psicologhe dell’istituto penitenziario di detenzione della Ligresti in cui si segnalava lo stato di depressione della donna e si certificava l’incompatibilità del regime carcerario con le condizioni di salute della stessa”.
Il 28 agosto, undici giorni dopo la telefonata di Antonio Ligresti, fratello di Salvatore Ligresti, diretta al Ministro, venivano concessi gli arresti domiciliari a Giulia Maria Ligresti. Risulta che l’interessamento del Ministro verso la situazione di Giulia Ligresti sia confermato anche nel verbale di interrogatorio del 22 agosto, durante il quale il Ministro dichiarava al procuratore aggiunto Vittorio Nessi che: “si è trattato di un intervento umanitario assolutamente doveroso in considerazione del rischio connesso con la detenzione”. L’intervento del Ministro a favore della scarcerazione di Giulia Ligresti “per motivi legati all’anoressia” presenta aspetti molto discutibili e che devono essere chiariti sul piano politico e non solo su quello giudiziario, in quanto risulta grave che l’intervento in questione sia stato richiesto da una telefonata privata e che abbia riguardato una classica detenuta eccellente. Il Ministro in indirizzo, nel corso del citato interrogatorio, così come riportato dagli organi di informazione, è stato chiamato a ricostruire le circostanze per le quali abbia di propria iniziativa contattato telefonicamente la compagna di Salvatore Ligresti, Gabriella Fragni, per manifestarle “solidarietà sotto l’aspetto umano” in occasione dell’arresto del compagno e delle di lui figlie, esprimendo al contempo forte rammarico e disappunto per l’accaduto, invitando altresì l’interlocutrice a “contare” sullo stesso Ministro per “qualsiasi cosa serva”. Il Ministro ha ammesso di avere ricevuto la telefonata di Antonino Ligresti in cui questi le rappresentava preoccupazione per lo stato di salute della nipote Giulia sofferente di anoressia, e che, pare, “rifiutasse il cibo in carcere” e ha ammesso di aver “sensibilizzato i due vice capi del Dap, perché facessero quanto di loro stretta competenza per la tutela della salute dei carcerati”.
“Cascini era al corrente della situazione perché lo aveva già letto sui giornali e si era già posto il problema. Dopo di allora non li ho più sentiti e non so se siano intervenuti, e eventualmente, in che termini”, conclude il Ministro con una excusatio non petita, e chiarendo dunque che il suo interessamento era stato per un carcerato soltanto, Giulia Maria Ligresti. Inoltre, per completezza di informazioni, occorre sottolineare come la vicinanza tra il ministro e la famiglia Ligresti, sia di tutta evidenza in considerazione del fatto che il figlio del Ministro, Piergiorgio Peluso, risulta aver lavorato in Fonsai dal maggio del 2011, dopo essere stato responsabile del Corporate & Investment banking di Unicredit per l’Italia, posizione dalla quale aveva trattato l’esposizione delle società della famiglia siciliana. Peluso risulta aver incassato nel 2012 una buonuscita di 3,6 milioni di euro dopo un anno di lavoro come direttore generale della compagnia assicurativa Fondiaria Sai in virtù delle clausole contenute nel suo contratto che consentivano, in caso di cambio di controllo o di demansionamento, la possibilità di dimettersi con giusta causa e di incassare l’equivalente di tre annualità. Facoltà che Peluso ha deciso di esercitare dopo un anno, non rientrando una sua conferma nei programmi di Unipol, nel frattempo salita sulla plancia di comando dell’ex compagnia dei Ligresti. Inoltre, secondo annotazioni della Guardia di Finanza di Torino del 29 agosto 2013, Peluso “continua a intrattenere rapporti con alcuni dirigenti del Gruppo, interessandosi sia alle vicende giudiziarie che quelle societarie”. Da pregresse intercettazioni operate sulla stessa Giulia Ligresti, lei stessa, sfogandosi con un’amica, giudicava quella liquidazione milionaria nei confronti del figlio della Cancellieri come una ingiustizia: “Gli danno una liquidazione, invece che chiedergli i danni!”. “Sì, invece di chiedergli i danni! Mi hanno detto che in Consiglio nessuno ha fiatato. Sì, sì.. Approvato all’unanimità. Che se fosse stato il nome di qualcun altro… Questo qui ha 45 anni, è un idiota. Perché veramente è venuto a distruggere una compagnia. Perché lo ha fatto proprio su mandato la distruzione… 5 milioni, è andato in Telecom, e l’Italia non scrive niente”. Alla luce di ciò il comportamento del Ministro appare ancora più grave, e potrebbe sembrare come il pagamento di un debito a fronte di un guadagno percepito dal figlio. In carcere si soffre e si muore: ogni giorno è emergenza umanitaria nelle nostre carceri.
Ma alle grida di disperazione, agli allarmi quotidiani lanciati dai Garanti dei diritti dei detenuti, alle angosce dei parenti dei reclusi, ai casi conclamati di incompatibilità delle condizioni di salute con la penosa condizione degli istituti e dei servizi sanitari interni, al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non sanno cosa rispondere, ma “si pongono il problema”, – per usare le parole della Cancellieri riferite al vice capo Francesco Cascini, – guarda caso solo per una detenuta eccellente, mentre altri 70.000 continuano a soffrire ed a morire. E’ particolarmente grave che il ministro si serva di figure di garanzia come i magistrati, vice capi del DAP per adempiere ai suoi debiti privati, attraverso presunti atti di deviazione delle funzioni pubbliche. Ed è ancor più grave che di fronte ad una ingerenza interessata del Ministro, i magistrati che operano al DAP possano essere stati servizievoli col potere esecutivo e – anche a volere ritenere, contro l’evidenza, che non siano intervenuti (ma è difficile ritenerlo visto che “già si erano posti il problema“) – comunque non abbiano preso le distanze da un simile comportamento; non abbiano accertato come e perché sia stata adottata dalla psicologa l’iniziativa di promuovere una scarcerazione; non abbiano riferito formalmente all’autorità giudiziaria dell’interessamento ricevuto da parte del Ministro, così venendo meno alla funzione di garanzia e di pari trattamento di tutti i detenuti, tradendo i loro colleghi che lavorano negli uffici giudiziari, e gettando ombre sulle carriere e sulle attività svolte da magistrati all’ombra dell’esecutivo. Di fronte ad un’indagine ancora in corso, gli elementi a disposizione della magistratura richiedono un chiarimento su quanto sia davvero accaduto, e il solo sospetto che un Ministro della Giustizia possa aver ricevuto ed esercitato pressioni, è un’ombra di cui un membro delle istituzioni non si può vestire. D’altra parte siamo memori di un caso, avvenuto nella scorsa legislatura, e riguardante un Presidente del Consiglio dei Ministri e la Questura di Milano che può sembrare molto simile alla situazione in questione.
Un Ministro della Giustizia che si sia lasciato condizionare nel suo operato dai suoi rapporti personali con la famiglia Ligresti – e dai rapporti economici poco chiari del figlio – agendo, oltretutto, con una marcata disparità di trattamento verso gli altri detenuti “non eccellenti”, ed utilizzando i magistrati che operano all’interno del ministero, è un’ombra indelebile sulla sua figura istituzionale da un punto di vista etico, morale e politico. Per tutti questi motivi esposti in premessa, visti gli articoli 94 della Costituzione e 115 del Regolamento della Camera dei deputati; esprime sfiducia al Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri e lo impegna a rassegnare le dimissioni.”
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