Il 72 enne Vescovo di Ragusa, Mons. Paolo Urso, canonista, vescovo grazie al cardinale De Giorgi, propone che lo Stato risconosca le unioni gay, ma non i matrimoni gay. Distinzione in punta di diritto per non urtare le gerarchie. In ogni caso, per un prelato, è una posizione alquanto singolare che contrasta con il Magistero, la Tradizione e la sacra Scrittura. Questo significa che, se nella pubblica opinione, si auspicasse paradossalmente un'apertura su certi temi arditi, lo Stato sarebbe chiamato a realizzarli. Per esempio quelli riguardanti l'incesto o la pedofilia. Non solo: lo Stato, se riconoscesse le unioni di fatto, un cittadino potrebbe avere in teoria quattro mogli come nell'Islam il che, per un Paese a larghissima tradizione cattolica dove risiede il successore di Pietro e Vicario di Cristo in terra, sarebbe inaccettabile. Monsignor Urso parla altresì di una Chiesa che dovrebbe aprire le porte. Ma le porte si aprono a tutti e a ciascuno e non solo a una categoria di persone. Si aprono agli ultimi, ai poveri, ai disoccupati, ai senza casa, agli sfrattati, ai cassintegrati, ai carcerati, ai disabili, agli stranieri, ai nomadi, e a coloro che non contano nulla come ha fatto Giovanni Paolo II prima e come sta facendo ora Benedetto XVI. Basterebbe che mons. Urso parlasse con i responsabili locali della Charitas! Insistere ossessivamente solo sui diritti dei gay come fa Sua Eccellenza mons. Urso significa leggere il Vangelo a senso unico o assumere posizioni cosiddette progressiste per compiacere chi vive una vita disordinata moralmente. Urso, se non condivide il magistero della Chiesa, può sempre rimettere il mandato nelle mani di Benedetto XVI tre anni prima della scadenza naturale evitando di generare confusione, sconcerto, e disorientamento tra i fedeli della sua diocesi e della Chiesa.
Alberto Giannino
Mons. Paolo Urso
Alberto Giannino
Mons. Paolo Urso
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